Procedura di riassegnazione del nome a dominio 
ULTIMA.IT

Ricorrente: Affinity Petcare S.A. (avv. Laura Turini)
Resistente: Piazza Affari S.r.l. (avv. Roberto Manno)
Collegio (unipersonale): avv. Cristina De Marzi

Svolgimento della procedura

Con ricorso ricevuto per e-mail da C.R.D.D. il 30 ottobre 2013 la società Affinity Petcare S.A., con sede in Pl. Xavier Cugat 2, Edificio D, 3a Planta – 08174 Sant Cugat del Valles, Barcellona (Spagna), in persona del suo legale rappresentante sig. Salvador Campaña Peña, rappresentata e difesa dall’avv. Laura Turini giusta procura in data 12 settembre 2013 allegata al ricorso, ha introdotto una procedura di riassegnazione per ottenere il trasferimento in suo favore del nome a dominio ultima.it, registrato dalla Piazza Affari S.r.l., Via Cena 4, 64025 Pineto TE.

Effettuate le prescritte comunicazioni ed avuti i necessari riscontri dal Registro, risultava:
  • che il dominio ultima.it era stato creato il 25 novembre 2013 ed era registrato a nome della Piazza Affari S.r.l., Via Cena 4, 64025 Pineto TE;
  • che il nome a dominio era stato sottoposto ad opposizione e che la stessa era stata registrata sul whois del Registro;
  • che digitando l’indirizzo http://www.ultima.it  si giungeva ad una pagina web con la scritta “This domain has recently been listed in the marketplace at domainnamesales.com. Click here to inquire”, l’immagine di una chiave musicale su pentagramma, la scritta “ultima.it” ed alcuni link sponsorizzati.
Ricevuto il ricorso e la documentazione anche in formato cartaceo, il 20 novembre 2013 C.R.D.D. spediva il tutto alla Resistente per raccomandata a.r all’indirizzo risultante dal database del Registro, con l'invito ad inviare a C.R.D.D. le proprie repliche entro 25 giorni dal ricevimento.

Il 28 novembre 2013 le Poste consegnavano alla Resistente il plico contenente il ricorso. Il 20 dicembre 2013 la Resistente Piazza Affari Srl. faceva pervenire a C.R.D.D. le proprie memorie di replica, che il 23 dicembre venivano girate da C.R.D.D. alla Ricorrente. C.R.D.D procedeva alla nomina dell’esperto nella persona dell’avv. Cristina De Marzi, la quale il 30 dicembre 2013 accettava l'incarico.

Allegazioni della Ricorrente.

La ricorrente afferma e documenta di essere una società spagnola del gruppo Agrolimen Group, attiva nel settore dei prodotti per l’alimentazione di cani e gatti in Spagna, al terzo posto in ambito europeo e settima a livello mondiale nel proprio settore, esportando i propri prodotti in oltre 20 paesi.

Nell’ambito della propria attività, la Ricorrente documenta aver registrato il marchio “ultima” (nel Regno Unito nel 2002, in sede comunitaria nel 2004) per contraddistinguere i propri prodotti nel settore veterinario e dell’alimentazione per animali.
La Ricorrente osserva che il nome a dominio “ultima.it” ed il marchio da lei sono identici. Deduce che la Resistente non è comunemente nota con il nome “ultima”, né è stata in alcun modo autorizzata dalla Ricorrente ad utilizzare il marchio “ultima”, né tantomeno a registrare un nome a dominio che integrasse il proprio marchio. Inoltre, ad oggi, il dominio ultima.it non sarebbe utilizzato per l’offerta al pubblico di beni e servizi, né il Resistente ne starebbe facendo un uso legittimo non commerciale, oppure commerciale senza l'intento di sviare la clientela del ricorrente o di violarne il marchio registrato.

Il dominio ultima.it, secondo la Ricorrente, sarebbe stato registrato e sarebbe utilizzato in mala fede. Ciò in quanto il nome a dominio contestato è stato registrato anni dopo la registrazione del marchio “ultima”, della cui esistenza la Resistente avrebbe potuto accorgersi con una semplice ricerca su internet. Inoltre, la Resistente avrebbe rifiutato un’offerta di acquisto di $ USA 3.800,00 cifra di gran lunga superiore ai costi ragionevolmente sostenuti dalla Resistente per la registrazione ed il mantenimento del dominio.

Secondo la ricorrente, sarebbe quindi palese come il nome a dominio sia stato registrato con lo scopo primario di cedere, concedere in uso o in altro modo trasferire il nome a dominio al ricorrente, titolare di un nome oggetto di un diritto riconosciuto o stabilito dal diritto nazionale o comunitario, o ad un suo concorrente, per un corrispettivo, monetario o meno, che sia superiore ai costi ragionevolmente sostenuti dal resistente per la registrazione ed il mantenimento del nome a dominio. Si sarebbe quindi in presenza di un caso di passive holding del dominio, che l’unanime orientamento dei collegi delle procedure di riassegnazione nazionali ed internazionali ritiene elemento da cui desumere la malafede della Resistente.


La Ricorrente conclude pertanto chiedendo la riassegnazione del dominio.


Deduzioni della Resistente

La resistente Piazza Affari S.r.l., costituitasi tempestivamente mediante deposito di repliche e documenti a mezzo del suo difensore avv. Roberto Manno, rileva che pur avendo la Affinity Petcare S.A. registrato il marchio “ultima”, e pur essendo quest’ultimo identico al nome a dominio ultima.it,    tuttavia l’aggettivo femminile “ultima” sarebbe parola comune che come tale, per essere utilizzata, non necessiterebbe di licenze e autorizzazioni da parte di chicchessia, foss’anche chi l’avesse registrata come marchio.

Per quanto riguarda l’asserita malafede nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio, la Resistente ne nega la sussistenza. Con riferimento al momento della registrazione, la Resistente replica che la registrazione di un nome a dominio corrispondente a una parola di uso comune, come la parola ultima, non implicava alcun obbligo di controllo dell’esistenza di un altrui diritti su tale parola, dato che tra questa e un valido diritto di marchio non ci può essere alcuna relazione.

 Inoltre in merito ai tentativi della Ricorrente di riacquistare il nome a dominio oggetto di opposizione la Piazza Affari S.r.l. precisa di non aver mai contattato la Ricorrente, ma che è stata quest’ultima a farlo attraverso il proprio “consulente in materia di domini”.
La buona fede nel mantenimento del nome a dominio sarebbe invece attestata dal fatto che non vi sarebbe nella pagina web alcun link o altro elemento che possa essere riferito all’azienda o ai prodotti caratterizzati dai suoi marchi. Ciò, a prova del fatto che la Resistente non ha mai voluto interferire con i diritti della Ricorrente.

La Piazza Affari S.r.l. pertanto conclude chiedendo che venga respinto il reclamo e che lo stesso venga dichiarato promosso in malafede (reverse domain name hijacking), ai sensi dell’art. 4.15 del Regolamento.

Motivi della decisione

1) Identità e confondibilità del nome con il marchio registrato dalla Ricorrente.

Non è contestato che il nome a dominio ultima.it sia identico al marchio ultima registrato dalla ricorrente. Ciò non è provato dalla documentazione agli atti, ma è dato per pacifico dalla stessa Resistente.

È quindi soddisfatto il requisito di cui all’articolo 3.6, lettera a) del regolamento per la riassegnazione del nome a dominio.

2) Malafede nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio.

Nonostante le fini argomentazioni, la Ricorrente non ha però dimostrato la malafede nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio in contestazione. Nessuna delle affermazioni proposte nel ricorso, infatti, sono tali da far dedurre tale malafede, né è stata data dimostrazione di alcuna delle circostanze dalle quale il Regolamento autorizza l’esperto a ritenerle sussistenti.

Come noto, la definizione di buona fede (e quindi, a contrariis, della mala fede), si rinviene nel nostro ordinamento nell’art. 1147 cod. civile, e consiste nel comportamento tenuto “ignorando di ledere l’altrui diritto” (per la portata generale della definizione dell’art. 1147 c.c. cfr. cass. n.  5091 del 3/3/2010; sulla applicabilità della causa di esclusione della buona fede di cui al II comma dell’art. 1147 c.c. al solo possesso, cfr.  12211 del 25/5/2007 ). Tale definizione è stata poi integrata dalla migliore dottrina e giurisprudenza con la necessità che tale comportamento, oltre ad essere ignorante di una lesione di un diritto altrui, sia fatto nella positiva convinzione di comportarsi secondo diritto. Di conseguenza, l’opposto elemento soggettivo della mala fede si rinviene nella coscienza dell’agente di ledere un diritto altrui ed agire contra legem.

Ciò premesso, si osserva che in nessuna delle affermazioni o dei documenti prodotti dalla Ricorrente può dedursi la prova di tale coscienza da parte della Resistente.

a)
Come primo elemento di malafede, la Ricorrente deduce che “Il nome a dominio contestato è stato infatti registrato in data 25/11/2010, mentre il marchio “ultima” è stato registrato a livello comunitario per la prima volta il 21/09/2002” (rectius: 21/4/2004, come risulta dal doc. 2) (…) “Il Resistente avrebbe dovuto sapere dell’esistenza di una privativa su quel determinato nome. Infatti, sarebbe bastata una semplice ricerca sulle banche dati dei marchi registrati, gratuite e disponibili on-line, per rendersi conto dell’esistenza di un marchio, valido in Italia e in numerosi altri stati del mondo, corrispondente al nome a dominio d’interesse.”.

Ciò che la Ricorrente deduce quale elemento di malafede, è in realtà un comportamento omissivo della Ricorrente, che di per sé non dimostra affatto la sua malafede. Ammesso e non concesso che la Resistente fosse tenuta ad una tale verifica (ma ciò è dubbio, visto che essa andava a registrare in Italia un dominio che in italiano è un comune aggettivo), il non averlo fatto non significa affatto che fosse conscia di ledere un altrui diritto. Né può ritenersi che l’omesso controllo, anche ammesso e non concesso fosse dipendente da colpa grave, sia elemento tale da escludere la buona fede, in quanto “rileva una nozione di buona fede in senso soggettivo, coincidente con l'ignoranza dell'effettiva situazione giuridica in conseguenza di un errore di fatto o di diritto, anche dipendente da colpa grave, non essendo applicabile la disposizione dettata dall'art. 1147, secondo comma, in riferimento alla buona fede nel possesso” (così cass. n.  8587 del 5/5/2004). Inconferente poi il richiamo della Ricorrente ad un precedente delle MAP di ICANN che ha riconosciuto la malafede del registrante sulla base del fatto che – essendo il marchio anteriore alla registrazione del dominio - il Resistente “avrebbe dovuto sapere dell’esistenza di una privativa su quel determinato nome”. Anche ammesso e non concesso che tale statuizione fosse corretta secondo la legge applicabile a tale MAP (cosa peraltro non desumibile dalla decisione), essa, per i motivi sopra esposti, non lo è in alcun modo secondo l’ordinamento italiano, applicabile alle procedure di riassegnazione sia per espresso richiamo dell’art. 4.15 del regolamento, sia quale lex fori.

b)
Come secondo elemento di malafede, la Ricorrente deduce il fatto che la Resistente, cui asserisce siano intestati oltre 27.000 domini, ha posto sulla home page del dominio la scritta “This domain has recently been listed in the marketplace at domainnamesales.com. Click here to inquire” ed un link ad una pagina in cui è possibile inserire un’offerta per l’acquisto del dominio stesso.

Il consulente in materia di nomi a dominio della Ricorrente ha tentato di acquistare il dominio offrendo sino a 3.800,00 $ USA alla Resistente, che però ha rifiutato tale somma. Tale circostanza (pacificamente ammessa dalla Resistente) dovrebbe indurre “a ritenere che il nome a dominio è stato registrato con lo scopo primario di cedere, concedere in uso o in altro modo trasferire il nome a dominio al ricorrente, titolare di un nome oggetto di un diritto riconosciuto o stabilito dal diritto nazionale o comunitario, o ad un suo concorrente, per un corrispettivo, monetario o meno, che sia superiore ai costi ragionevolmente sostenuti dal resistente per la registrazione ed il mantenimento del nome a dominio” (art. 3.7, lett. “a” del regolamento).

Di per sé, peraltro, la semplice messa in vendita del dominio non è elemento di malafede. La compravendita di nomi a dominio è infatti attività del tutto lecita. Ciò che rileva ai fini della considerazione della malafede richiesta dall’art. 3.7 lett. “a” del Regolamento non è che il dominio sia posto in vendita al miglior offerente, ma che il registrante lo abbia registrato con lo scopo primario di cederlo al Ricorrente o ad un suo concorrente. Per dimostrare la malafede ai sensi del regolamento, quindi, non è sufficiente dimostrare che il Resistente intende vendere il dominio ad un prezzo superiore ai costi ragionevolmente sostenuti per la registrazione e il mantenimento, ma occorre dimostrare che intendeva venderlo ad un tale prezzo al Ricorrente o ad un suo concorrente.

Tal dimostrazione non è stata data; anzi, per quanto riguarda la vendita al Ricorrente è proprio quest’ultimo ad affermare che il Resistente si è rifiutato di venderlo; né è stato indicato e tantomeno provato chi fosse l’ipotetico concorrente cui il Resistente avrebbe voluto vendere il dominio, e a che prezzo.

A questo punto, dato che secondo l’art. 1147, III comma, cod. civ., la buona fede è presunta, in mancanza di prova contraria non può che ritenersi attendibile la dichiarazione del Resistente, secondo la quale il dominio ultima.it è stato registrato quale nome comune italiano ai fini di legittima successiva rivendita al miglior offerente.

c)
Come terzo elemento di malafede, la Ricorrente deduce che si sarebbe “in presenza di un caso di passive holding del dominio, che l’unanime orientamento dei collegi delle procedure di riassegnazione nazionali ed internazionali ritiene elemento da cui desumere la malafede della Resistente”.

L’affermazione, corretta in diritto, non appare esserlo in punto di fatto. Dall’esame della home page del dominio e dalla stessa documentazione prodotta dalla ricorrente, risulta che il dominio è utilizzato per almeno due attività: pubblicità sponsorizzate (pay per click) e pubblicizzare il fatto stesso che il dominio è posto in vendita. Entrambe le attività sono legittime lucrative per il Resistente (la prima attualmente, la seconda in prospettiva). Non è quindi il caso di passive domain holding classico, nel quale il dominio viene semplicemente registrato ma non utilizzato, ma un caso in cui il dominio viene utilizzato per un attività commerciale di pubblicità pay per click e di compravendita di domini.

Anche questo elemento non si ritiene sia quindi indicativo di malafede nella registrazione e nel mantenimento del nome a dominio.

d)
Con altro argomento, introdotto peraltro in tema di diritto del Resistente al nome a dominio in contestazione, la Ricorrente rileva che il Resistente non ha dimostrato che stia facendo un uso del dominio “senza l'intento di sviare la clientela del ricorrente o di violarne il marchio registrato”. In realtà, dall’esame del sito web posto sul dominio ultima.it e dalla documentazione prodotta è emerso che i link sponsorizzati e le pubblicità poste sulle pagine web non sono affatto relative a prodotti in concorrenza con quelli della Ricorrente, ma sono riferibili a tutt’altri settori merceologici.

e)
Ultimo elemento da cui trarre la malafede viene indicato dalla Ricorrente “nella mancata indicazione al Registro di un indirizzo al quale poter reperire l'assegnatario, così come riconosciuto nel procedimento instaurato davanti al Centro Risoluzione Dispute Domini n. 290 del 2010 (belleaireurope.it)”.

La deduzione è infondata sia in fatto che in diritto. Non è vero che il Resistente non abbia indicato al Registro un indirizzo al quale poterlo reperire. Tanto è vero che il ricorso è stato spedito da C.R.D.D. al Resistente all’indirizzo risultante proprio dal data base del Registro ed è stato da questi regolarmente ricevuto. E ciò a prescindere dal fatto che il processo di registrazione del dominio non può andare a buon fine se non viene indicato l’indirizzo del registrante.

Parimenti, non è vero che la decisione del dominio “belleurope.it” citata dalla Ricorrente a sostegno della sua affermazione abbia ritenuto elemento di malafede la “mancata indicazione al Registro di un indirizzo al quale poter reperire l'assegnatario”. In tale decisione, la malafede è stata testualmente rinvenuta nella “indicazione al Registro, al momento della registrazione, di un nome o di un indirizzo al quale l'assegnatario non risulta reperibile”. Il che è cosa ben diversa.

In realtà, per motivi di privacy il Regolamento del Registro consente che il registrante, al momento della registrazione, opti per non rendere pubblico su internet il proprio indirizzo. Se ciò è un diritto riconosciuto dal Regolamento di assegnazione, il principio secondo cui qui jure suo utitur nominem laedit  esclude a priori che tale comportamento possa essere ritenuto di malafede.

f)
Escluso che da quanto sopra indicato possa ritenersi provata la malafede del Resistente, si osserva che – in presenza di un nome a dominio corrispondente ad una parola di uso comune nella lingua parlata in Italia – la Ricorrente avrebbe dovuto fornire la prova rigorosa che la Resistente era al corrente del fatto che tale parola d’uso comune era anche nota come marchio per identificare i prodotti della Ricorrente.

Ciò la Ricorrente non ha fatto; anzi dalla documentazione prodotta non può certo dedursi la notorietà del marchio in Italia, e quindi la consapevolezza della Resistente di lederne i diritti di privativa.

La Ricorrente ha infatti prodotto al riguardo tre soli documenti, in lingua inglese, dai quali risulta la posizione della Affinity Petcare S.A. fra i maggiori produttori europei e mondiali di cibo per animali domestici. In due di essi il marchi “ultima” è indicato fra i vari marchi da essa registrati, Tuttavia in nessun luogo di tale documentazione si deduce (né viene mai affermato nel ricorso) che prodotti con tale marchio siano commercializzati in Italia (e lo fossero anche al momento della registrazione del nome a dominio), né la loro diffusione sul mercato italiano.

In mancanza di tale prova, in virtù della presunzione di buona fede e del fatto che il dominio in contestazione è nella lingua italiana un comune aggettivo, non può essere ritenuta la malafede della Resistente.

Ciò ovviamente non esclude che la violazione del marchio possa essere fatta valere dalla Ricorrente innanzi alla magistratura ordinaria ed il relativo giudizio abbia esito diverso dalla presente procedura; ma ciò esula dall’ambito delle procedure di riassegnazione.

Essendo l’elemento della malafede essenziale per far luogo alla riassegnazione del dominio, la sua mancanza rende superfluo l’esame di un eventuale diritto o titolo del Resistente al nome a dominio in contestazione.

3) Sulla richiesta di dichiarazione di reverse domain name hijacking

Da ultimo, deve essere respinta la istanza di dichiarazione di reverse domain name hijacking formulata dalla Resistente nelle proprie repliche. Secondo l’art. 4.15, ultimo comma, del regolamento, “Se, all'esito dell'istruttoria, il Collegio raggiunge il convincimento che il reclamo è stato promosso in mala fede, o per screditare il titolare del nome di dominio, assume una decisione da cui risulta che il reclamo è stato promosso in mala fede e che esso costituisce un abuso (reverse domain name hijacking)”.

La richiesta deve essere respinta per le stesse considerazioni formulate in tema di malafede nella registrazione. La Ricorrente è indubbiamente titolare del marchio “ultima”; la sua domanda di riassegnazione del dominio ultima.it è basata sul suo diritto di esclusiva e nella sua convinzione (corretta) di esercitare un proprio diritto; il quale peraltro, in questa sede, non può essere soddisfatto per la mancanza della malafede del Resistente nella registrazione e mantenimento del dominio.

Dato che, come detto, qui jure suo utitur, neminen laedit, l’introduzione della presente procedura di riassegnazione non può essere ritenuta in malafede, mancando il requisito della volontà lesiva del diritto altrui.

P.Q.M.

1)  Si respinge il ricorso per la riassegnazione del nome a dominio ultima.it, che rimane assegnato alla Piazza Affari S.r.l., Via Cena 4, 64025 Pineto TE;
2)  Si respinge la richiesta di dichiarazione di reverse domain name hijacking.
La presente decisione sarà comunicata al Registro del ccTLD .it per gli adempimenti di sua competenza.

Roma, 14 gennaio 2014

Avv. Cristina De Marzi




 
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